C’è Una Relazione Tra Architettura e Cambiamento Climatico?

“The Paris Climate Agreeement” è un accordo tra gli stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, riguardo la riduzione di emissione di gas serra, e la finanza, a partire dall’anno 2020.  Per tutte le nuove costruzioni infatti il 2020 è stato fissato come termine ultimo per l’ “energia quasi zero”.

L’ accordo di Parigi del 2015 suddivideva il consumo energetico europeo in tre settori: Industria-Trasporti-Edilizia. Il settore edilizio è il comparto più energivoro con il 44% in Europa e il 46% in Italia.

Odintsovo 2020 Eco-City Proposal / de Architekten Cie. | ArchDaily

Il Life Cycle Assesment è un metodo internazionale che permette di quantificare l’impatto ambientale a partire dal consumo di risorse e dalle emissioni di un bene o di un servizio. Questo si basa sul calcolo dell’energia grigia, ovvero la quantità di energia necessaria per produrre, trasportare fino al luogo di utilizzo, e smaltire un prodotto o un materiale.

Per esempio in una scelta tra il legno o il laterizio al contrario di quanto si pensa, per consumo energetico sarà preferibile il laterizio. Bisogna infatti per il legno calcolare tutto il processo che ne precede l’utilizzo nell’edilizia e ne aumenta i consumi energetici: abbattimento degli alberi, la segatura, il trattamento e il trasporto.

Esistono anche delle strategie passive che assicurano il risparmio energetico  e si esprimono in termini di efficienza della ventilazione, strategie sull’involucro, degli elettrodomestici e di aperture e schermature delle superfici.

Come possiamo allora ridurre l’energia nell’edilizia, prima e dopo la fase di costruzione?

  • Utilizzare materiali con bassa “energia incorporata”;
  • Riutilizzare vecchi materiali; 
  • Utilizzare materiali riciclati;
  • Minimizzare gli sprechi.

A cura di Chiara Passagrilli

Emergenza Rifiuti: L’Incendio di Via Salaria

Come è noto ai più, l’11 dicembre 2018, l’impianto di selezione e trattamento dei rifiuti in Via Salaria 981, ha preso fuoco. La sede in questione si occupava, in particolare, della gestione dei rifiuti indifferenziati, separando la componente umida, trasformata in “frazione organica stabilizzata” (FOS, ovvero materiale organico igienizzato utilizzato per le attività di copertura del terreno nelle discariche), da quella secca, destinata a diventare “combustibile derivato da rifiuti” (CDR, del cui recupero energetico si occupano gli impianti di termovalorizzazione).

L’impianto, autorizzato al trattamento di 750 tonnellate di rifiuti al giorno, aveva il compito di trattare i processi di trasformazione chimico-fisica e biologica degli stessi riducendone volume e peso e recuperandone materiali ed energia.

La struttura, negli anni ‘50 area industriale di proprietà dell’Autovox, che vi fabbricava apparecchi radiofonici, acquistata dall’Ama nel 1997, inizialmente doveva essere destinata ad accogliere uffici, un’officina e un deposito di automezzi. Divenuto in seguito centro di trasferimento del pattume da piccoli a grandi camion, nel 2010 era diventato un centro di trattamento meccanico-biologico (tmb) della spazzatura.

Roma, devastante incendio all'impianto TMB Salario: tenere le ...

Situato nel terzo municipio, che comprende, tra gli altri, i quartieri di Fidene, Villa Spada e Nuovo Salario, l’impianto ha creato sin dall’inizio non pochi problemi. I cittadini di quest’area, infatti, si sono sempre opposti all’insediamento del centro, che tra l’altro sarebbe dovuto essere provvisorio, nei pressi delle loro abitazioni.

Di fatto, nonostante le numerose indagini sulla qualità dell’aria, con particolare attenzione alla presenza di H2S (acido solfidrico), altamente nocivo da respirare, i cattivi odori esalati dall’attività della struttura e i conseguenti reclami dei residenti, il tmb ha continuato la propria attività.

Malgrado le ricerche svolte da numerosi enti, tra cui quella ad opera dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri del 2012, non si è trovata una soluzione ai problemi di decoro urbano sollevati dagli abitanti della zona.

Senza tener conto del disagio arrecato alla popolazione locale, nonché dell’isolamento in cui quest’area del terzo municipio si trova, causato anche dalla presenza del centro, i sindaci e le giunte che negli anni si sono avvicendati non hanno mantenuto le numerose promesse di chiudere l’impianto o quanto meno di cambiarne la funzione.

La situazione di pericolosità del tmb, più volte segnalata, ha visto il suo apice con l’incendio del dicembre 2018, in seguito al quale ne è stata garantita la definitiva chiusura, dopo il ritiro, nel settembre 2019, dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) all’Ama, grazie a cui il sito non potrà più essere destinato al trattamento e allo stoccaggio di rifiuti.  

Il rogo, oltre ad aver provocato l’emissione di altrettante sostanze nocive, ha ulteriormente aggravato le già disastrose condizioni dello smaltimento di rifiuti nella capitale.

Roma, di fatto, produce ogni giorno circa 4.600 tonnellate di rifiuti, di cui solo circa duemila sono raccolte in modo differenziato. 

Le immagini dell'incendio al deposito di rifiuti di Roma - Foto 1 ...

Nonostante si sia passati dal 24,2% di raccolta differenziata nel 2011 al 42,9 % nel 2018 (rapporto annuale Ispra edizione 2019 con dati relativi al 2018), non sembra che gli obiettivi per il 2020 contenuti nella Direttiva Comunitaria dell’Unione Europea del 2008 (2008/98/CE), siano facilmente raggiungibili.

Infatti, lo smaltimento di rifiuti previsto per l’anno corrente dovrebbe essere pari almeno al 50%, ovvero a circa il 7% in più rispetto al 2018, con la sola disponibilità di tre impianti di gestione dei rifiuti che a mala pena riescono ad essere eliminati.

Al momento non sono ancora disponibili dati riguardo la produzione e la gestione della spazzatura a Roma nella situazione di emergenza sanitaria mondiale, ma ci si augura che, una volta superata la crisi, le intenzioni proposte dall’Unione Europea vengano rispettate.


A cura di Emma Sciarra

“Empatia Creativa”: Un Esempio di Città Per Tutti

In un mondo in continuo cambiamento, figlio di una cultura della grande trasformazione industriale, risulta sempre più urgente fornire una risposta ad una necessità di cambiamento. Il rapido cambio di scenario avvenuto negli ultimi decenni infatti da una parte ha portato un incredibile sviluppo della tecnologia, soluzioni stupefacenti a molti dei problemi del passato e un miglioramento della qualità della vita, ma dall’altra ha presentato il conto ambientale e sociale con gravi conseguenze planetarie, sempre più preoccupanti. È necessario quindi agire e farlo ora, e molti si chiedono come.

Si vuole quindi qui fornire un esempio per i giovani architetti (e non solo) che si interfacciano con questa delicata e precaria situazione storica.

Sensibilità, creatività, sostenibilità”: queste le parole d’ordine dello studio MCArchitects. Fondato nel 1992 a Parigi e successivamente nel 1999 a Bologna, lo studio possiede una solida esperienza nella progettazione architettonica che integra strategie ambientali ed energetiche.
Nel concreto, cinque sono i punti fondamentali che regolano le scelte progettuali di questi architetti:

  1. Edifici ad emissioni zero;
  2. Progetti che contribuiscono alla rigenerazione urbana e al cambiamento sociale;
  3. Integrazione di forma e materia per garantire ambienti confortevoli e ridurre la domanda di energia;
  4. L’Architettura a Misura Umana;
  5. Celebrazione delle identità culturali, avendo come fonti d’ispirazione le persone e il loro ambiente, perché la città “si fa con gli altri”.

Indagando il carattere della città, il suo DNA culturale, le vocazioni e le aspirazioni dei suoi abitanti, l’architettura proposta dallo studio si impronta su un principio di sostenibilità che nasce sulle reti e nelle relazioni con i cittadini. La sostenibilità, spesso termine usato in maniera impropria, da loro promossa, si basa su due aspetti. Il primo riguarda l’aspetto prestazionale, e cioè la possibilità di realizzare edifici che consumano poco ed hanno un basso impatto sull’ambiente. Questo non solo grazie alla tecnologia, ma al come un’architettura viene pensata. Il secondo aspetto è quello culturale in cui si cerca di trovare un’empatia con il luogo e un dialogo con le persone che lo abitano. Persone che chiedono più parchi, più piazze e strade pedonali, più rispetto, più aria pulita e più cura, ma che vedono crescere intorno a loro una città che non riconoscono più.

Piano Regolatore Generale del Comune di Roma (2003)

In particolare, sostengono gli MCArchitects, la rinascita della città deve essere innescata dalla riqualificazione delle periferie, attraverso quella visione ‘policentrica’ promossa anche dai più recenti piani regolatori. In un’ottica quindi di “piccoli interventi guidati da grandi visioni”, “rammendi” che vanno a ricucire quel tessuto urbano ormai danneggiato, per “rilanciare i grandi numeri attraverso piccole azioni” perché singoli progetti di qualità possono influenzare l’ambiente che li circonda e innescare un circolo virtuoso di riscoperta e rinascita della città.

L’idea di spostare i riflettori su zone considerate spesso degradate attraverso il trasferimento di poli attrattivi, centri culturali, centri sportivi, attività per la formazione, come le università, permette così lo sviluppo di vere e proprie città nella città, andando a dare valore ad aree che l’hanno perso da tempo, o che non l’hanno mai avuto, decongestionando inoltre il centro storico.

Si propone quindi un modello di azione aperto al dialogo, curato, integrato con le più diverse discipline, per la riappropriazione di quella città fatta dalle persone e per le persone, salvaguardando l’ambiente sociale e quello naturale. Così come afferma l’architetto Mario Cucinella:

“immaginare edifici sostenibili significa creare una connessione profonda con il clima, la cultura e l’ambiente di un luogo. Edifici con alto grado d’empatia, un’empatia creativa.”


A cura di Annachiara Squitieri

European Green Deal: Cos’è e Cosa Prevede

The new growth strategy” (ndr. La nuova strategia per la crescita).
Con queste parole la  Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha introdotto l’European Green Deal rivoluzionando l’agenda dell’UE (oltre che la composizione della Commissione stessa, dal momento che, per la prima volta, sono stati nominati due vicepresidenti esecutivi: Margrethe Vestager -responsabile per la digitalizzazione dell’UE – e Frans Timmermans, responsabile appunto per l’EGD).

Il piano, che avrà durata trentennale, si prefigge in particolare il raggiungimento di tre obiettivi. Entro il 2050:

  1. non dovranno esser più generate emissioni nette di gas a effetto serra;
  2. la crescita economica dovrà essere dissociata dall’uso delle risorse naturali;
  3. nessuna persona e nessun luogo sarà più trascurato.

A tali propositi la Commissione ha realizzato una vera e propria tabella di marcia in cui sono indicate, step by step, le azioni che l’UE dovrà porre in essere nel breve e nel lungo periodo.

Tuttavia, l’Unione è ben consapevole “che non tutte le regioni hanno lo stesso punto di partenza (…) e del fatto che per alcune regioni sarà più difficile adattarsie, proprio per aiutare le persone, le imprese e le regioni più colpite nel passaggio all’economia verde, contribuirà a stanziare almeno cento miliardi di euro per il periodo 2021-2027 (si tratta del cd. Just Transition Mechanism ossia “meccanismo per una transizione giusta”).

A questa prima difficoltà si aggiungerà poi, verosimilmente, quella dell’inerzia degli Stati membri che non hanno ancora preso una posizione ben definita sul tema ambientale (e ciò si potrebbe chiaramente ripercuotere anche sul Consiglio europeo) e si potrebbero sollevare innumerevoli questioni di carattere economico.

Per ora, però, non si può non riconoscere che un primo piccolo (o grande?) passo per un ambiente migliore sia stato compiuto (non a caso von der Leyen l’ha definito come “the man on the moon moment for Europe”) e che l’Unione si sia finalmente dimostrata determinata “ad affrontare il cambiamento climatico e a trasformarlo in un’opportunità.”


A cura di Flavia Cuccaro

Ex-Poste a San Lorenzo: La Rigenerazione che Funziona

Roma, si sa, è stata per troppo tempo abbandonata a se stessa. Non solo dalle istituzioni, non solo dagli stessi Romani, ma anche dalle attività di riqualificazione urbanistica. In effetti nella capitale, da vent’anni a questa parte, di veri e propri progetti urbani effettivamente realizzati (o anche solo pensati) ce ne sono stati davvero pochi.

Tuttavia qualcosa accade.

C’è effettivamente qualcuno che ancora crede che la rigenerazione urbana possa davvero risollevare una città, o anche solo un quartiere. E il quartiere in questione è proprio quello dove EAR ha avuto inizio.

Nel 2008, un vecchio e malandato complesso di edifici a san Lorenzo vista Tangenziale Est (tra circonvallazione Tiburtina e via dello scalo), avente la funzione di “centro di meccanizzazione poste,” viene acquistato dalla Sapienza. Dopo quasi 10 anni di lavori intensi ad opera dello studio Heurema, nel 2017 viene inaugurato il nuovo complesso “Marco Polo”, nonché Istituto Italiano di studi orientali (Iso), Dipartimento di Studi Europei, Americani e interculturali (Deai) della facoltà di Lettere e Filosofia e Centro linguistico di Ateneo.

26.500 mq di spazi comuni, aule, laboratori e biblioteche. Soprannominato dagli studenti, amichevolmente, “Ex-Poste”.

Per uno studente medio della Sapienza che è abituato a frequentare le strutture della città universitaria, sicuramente funzionali ma (ahi noi) talvolta tremendamente malandate, ritrovarsi a studiare in una biblioteca come quella di ex-poste sembrerebbe quasi un’esperienza mistica. Tutto il complesso è stato riqualificato da cima a fondo: aule, biblioteche e spazi comuni sono ampi e luminosi e gli spazi verdi all’aperto sono particolarmente curati. Non sorprende che durante le sessioni d’esame spesso sia difficile trovare posti liberi!

Come tutte le buone architetture, il progetto “Marco Polo” non è dunque solo fine a sé stesso, ma anche alla città che, consolidata da più di un secolo, gli si è ritrovata attorno. 

Ex-poste contribuisce alla vita di san Lorenzo, alla rendita delle attività del quartiere e, in sintesi, al benessere collettivo.

Un progetto urbano riuscito al 100%. Speriamo che venga colto l’esempio e che in futuro, a Roma, di progetti così, ne potremo vedere tanti altri.


A cura di Andrea Polenta

Pandemia – Gli Effetti Sull’Ambiente

La situazione attuale è ormai tristemente nota a tutti. Siamo di fronte a una pandemia che non sta risparmiando nessuno, eccetto qualcuno, o meglio, qualcosa: l’ambiente.

Cambiamenti nella composizione atmosferica sopra le principali città della Repubblica Popolare Cinese. Fonte: Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA)

Infatti, recentemente è stato dimostrato da una foto satellitare della Nasa che, durante il mese di febbraio, il livello di inquinamento in Cina (uno dei paesi tra i maggiori produttori di emissioni inquinanti) abbia avuto un drastico calo dovuto alle rigide misure attuate dal governo cinese per affrontare l’emergenza COVID-19.
Uno studio del Centre for Research on Energy and Clean Air ha dimostrato che la diffusione del virus ha comportato un taglio delle emissioni di anidride carbonica pari a 100 milioni di tonnellate, passando quindi dalle 400 milioni di tonnellate dello stesso periodo nello scorso anno, alle 300 milioni attuali.

Per quanto riguarda l’Italia invece si prevede un calo dell’inquinamento atmosferico dovuto principalmente alla riduzione della circolazione stradale e aerea. La riduzione totale del CO2 da traffico veicolare, osservando i dati forniti dall’Ispra, è stata di 139.960 tonnellate. La cancellazione di numerosi voli ha portato inoltre ad una riduzione di CO2 di 210.000 tonnellate (prendendo in considerazione la prima settimana di marzo).

Detto questo, il sollievo portato all’ambiente da questo sventurato fenomeno sarà duraturo? Su questo punto non ci sono per il momento dati certi.
Anzi, al contrario, si teme che con lo sfumare dell’epidemia, e con una ripresa più intensa della produzione industriale per rimediare alla crisi finanziaria, il problema si aggravi.

A cura di Francesca Miracle

L’Urbanistica di San Lorenzo: una Storia di Quartiere

San Lorenzo nasce come terreno agricolo a ridosso delle Mura Aureliane nei primi anni Cinquanta. Alla fine dell’800, comincia ad accogliere famiglie migranti dall’Italia Centrale e Meridionale, poche case abusive e genti sperse accomunate da miseria e malaria.

Nel ‘900 iniziano i primi interventi a favore del quartiere. La costruzione della Chiesa dell’Immacolata e dell’adiacente oratorio hanno lo scopo di divenire contesti di aggregazione sociale; l’Istituto Romano per i Beni Stabili interviene con una parziale riqualificazione degli ambienti abitativi ed è proprio lì che Maria Montessori sceglie di aprire la prima Casa dei Bambini a favore dei più poveri.

Il quartiere cresce con la pianificazione dello Scalo Merci ferroviario, che porta all’insediamento da parte di nuovi abitanti, come ferrovieri, classe operaia politicizzata e sindacale. Il Partito Socialista inaugura la sezione in via dei Sardi che svolge attività non solo politica ma anche culturale.

La Grande Guerra provoca un peggioramento del tenore di vita ma l’industria bellica implementa l’attività dello Scalo merci e della ferrovia. San Lorenzo si trasforma da confine suburbano ad area di transizione tra città intramuraria e periferia e il suo volto urbano- architettonico si arricchisce. Il ministero dell’Aeronautica e la nuova Città Universitaria (1932-1935) divengono simbolo dell’intento fascista di fare grande Roma ma anche di rinforzare la separazione del “quartiere operaio”. Sarà vittima dei bombardamenti del 43’ e ospitante militari fuggiaschi e antifascisti.

Il quartiere, definito nel ’79 “zona di recupero,” vede interventi di connotazione residenziale, di riqualificazione di vecchi edifici come la Villa Mercede e diventa la sede di molte cooperative sociali, assistenziali e volontaristiche.

A cura di Chiara Passagrilli

Cosa è EAR – Environmental Action Rome?

Una possibilità per cambiare

Caput Mundi: è questo l’unico titolo che si dovrebbe confare all’Urbe, senza alcuna accezione imperialista o ideologicamente reazionaria ma solamente estetica.

Eppure Roma è vittima ogni giorno di attacchi che quotidianamente ne sviliscono la bellezza, ne debilitano le quintessenziali fattezze e indeboliscono l’orgoglio proprio dei Romani, di chi la Capitale la vive e la soffre.

Chi vandalizza Roma è chi ne trascura negligentemente il decoro, chi contribuisce al suo decadimento estetico, chi sceglie di voltare le spalle ad una città sofferente socialmente e culturalmente nonché chi non ha colto l’intensificazione e la reminiscenza dello spirito ambientalista europeo ed internazionale come una cruciale opportunità di rigenerazione urbana.

Environmental Action Rome (EAR) si propone come una possibilità per cambiare, non per il gusto di cambiare bensì per la sua necessità.

Senza sterile idealismo e senza cieco pragmatismo, EAR nasce con lo scopo di incanalare le energie vivificate di ambientalisti e cittadini romani in un ambizioso progetto di rinascita sociale, culturale e ambientale dell’Aeterna Urbe.

E abbiamo bisogno del tuo aiuto.

Be Green, Make a Statement

— Emma Sciarra, membro fondatore EAR.

Siamo su Facebook ed Instagram!

In data 26 dicembre 2019, Environmental Action Rome è sbarcato sulle piattaforme social Facebook ed Instagram!

Vogliamo essere più raggiungibili e vicini possibile a tutti i cittadini e studenti romani, a chi vorrà seguire le nostre iniziative e condividere la nostra passione per una Capitale più sostenibile.

Unisciti al nostro percorso: seguici e unisciti a EAR!

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